Liturgia

Introduzione

La proposta del laboratorio liturgico punta a leggere nei gruppi di studio parrocchiali – m attraverso cinque tracce e una lectio biblica – l’Evangelii gaudium di papa Francesco nell’orizzonte più generale del tentativo di disegnare il volto di una “Chiesa in uscita”, il cui centro – la liturgia appunto, in quanto fons et culmen – si capisce e si vive meglio se “guardato dalla periferia esistenziale”, dalle sue crisi e dalle sue potenzialità. Si tratta di posizionarsi in una prospettiva “altra” che permetterà di collocare il discorso liturgico in uno stato di “conversione missionaria”, accogliendo la sfida di «versare vino nuovo in otri nuovi» (cf. Mc 2,22).

1. Evangelii gaudium 95: no ad una liturgia mondana!

Il testo di Evangelii gaudium vuole una “Chiesa in uscita”: solo se capace di una liturgia autentica, la Chiesa potrà essere in uscita. Ma per avere una liturgia autentica dobbiamo ascoltare l’invito, in esso contenuto, a dare il primato alla realtà, ad uscire davvero dai muri che ci siamo costruiti attorno, a respirare aria pura, a parlare lingue vive, a stare in mezzo ai fratelli, fino a prenderne l’odore. Evangelii gaudium ha quindi come cornice interpretativa Gaudium et spes, ovvero per promuovere una liturgia autentica ed efficace nelle nostre comunità cristiane papa Francesco chiede di superare l’ostentazione esibizionistica di essa (mondanità spirituale) per permettere ad essa di essere il volto visibile e vivibile – e facilmente riconoscibile domenica dopo domenica – di una comunità inclusiva, partecipe del destino dei fratelli uomini, delle loro gioie e angosce:

«Questa oscura mondanità si manifesta in molti atteggiamenti apparentemente opposti ma con la stessa pretesa di “dominare lo spazio della Chiesa”. In alcuni si nota una cura ostentata della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, ma senza che li preoccupi il reale inserimento del Vangelo nel Popolo di Dio e nei bisogni concreti della storia. In tal modo la vita della Chiesa si trasforma in un pezzo da museo o in un possesso di pochi» (Evangelii gaudium 95).

2. Evangelii gaudium 24: Vangelo della gioia e bellezza della liturgia

La liturgia ha un grande potenziale di evangelizzazione attraverso la capacità del gesto liturgico – che è trasparenza del gesto di Cristo – di essere assunto nella sua dimensione simbolica (la bellezza della liturgia): la bellezza della liturgia, cioè, non sta nella spettacolarizzazione artificiale dei suoi gesti e riti ma nella capacità di introdursi in essi e di lasciarsi da essi plasmare secondo le loro caratteristiche proprietà (vero senso della espressione “partecipazione liturgica”). Il tema va approcciato offrendo una traccia di riflessione nei gruppi di studio sulla qualità della formazione liturgica attraverso la mistagogia:

«L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi» (Evangelii gaudium 24).

La bellezza della liturgia è un potenziale spendibile in vista della “chiesa in uscita”: essa è l’ars celebrandi che fissa l’ordine nell’azione celebrativa. Fin dall’inizio della creazione vediamo un Dio che mette ordine e tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento viene continuamente ribadito il carattere gerarchico della liturgia, che realizza la connessione etimologica fra ornare e ordinare, e di cui la regola aurea enunciata da san Paolo offre un efficace compendio: «“Tutto avvenga decorosamente (euschemónos) e con ordine (katà táxin)” (1 Cor 14, 40)» (cf. F. Cassingena-Trévedy, La bellezza della liturgia, Magnano 2003, p. 61).

I Padri della Chiesa insisteranno proprio sull’ordine e sull’armonia della liturgia, espressi nei ministeri, negli spazi, nei canti, nella dottrina. «Naturalmente ci sarà chi vorrà individuare, in questa costante attenzione dei padri all’ordine, un tratto caratteristico della loro cultura greca: libero di farlo; resta comunque il fatto che tale elemento si è incontrato con la rivelazione, che la chiesa l’ha assimilato in profondità, l’ha accolto, e che per noi non è più possibile prenderlo alla leggera sacrificandolo alle rivendicazioni dell’individualismo moderno, ordinariamente egualitaristico e anarchico, che del resto si è fatto strada solo in questi ultimi decenni, anche in ambito liturgico» (p. 73).

La liturgia in realtà non fa che ristabilire quell’ordine primordiale, a cui ogni uomo tende naturalmente poiché è la cifra che lo stesso Creatore ha iscritto nella creazione. Essa ordina innanzitutto il tempo, se ne appropria per riempirlo di significato, riproponendo attraverso i vari cicli — il ciclo delle ore diurne, l’anno liturgico e le feste dei santi — il mistero multiforme di Cristo e inculcandolo sempre più profondamente in noi mediante un movimento a spirale che concilia ciclicità e progresso, mediante «una sorta di rivoluzione copernicana attorno al mistero di Cristo» (p. 80), che conferisce così un senso a un tempo altrimenti in balia dell’assurdo.

3. Evangelii gaudium 137-138: l’omelia come laboratorio per una liturgia “in uscita”

Il Papa dice: «che buona cosa che sacerdoti, diaconi e laici si riuniscano periodicamente per trovare insieme gli strumenti che rendono più attraente la predicazione!» (Evangelii gaudium 159), proponendo un metodo di lavoro collegiale tra pastori e laici per sviluppare un discernimento comunitario dei segni dei tempi: il contesto nel quale celebriamo è lo stesso contesto nel quale viviamo. Nell’omelia (parte della liturgia) i segni dei tempi devono essere letti e capiti all’interno del discernimento comunitario. Con tale necessaria premessa, l’omelia, come tutta la liturgia di cui è parte, sarà autentica quando, tenendo conto dell’armonia e del ritmo dell’intera celebrazione, sarà capace di far emergere che «il Signore brilla più del ministro», trattandosi del «dialogo tra Dio e il suo popolo» (Evangelii gaudium 138), e che «il cuore della comunità», sempre incarnato in una cultura (cf. Evangelii gaudium 137), è il criterio superiore della sua ispirazione.

4. Evangelii gaudium 70: la pietà popolare come contesto vitale e “periferia”

La pietà popolare è un contesto vitale e una “periferia” da mettere in relazione con una liturgia in uscita, valorizzando in essa la dimensione di “cultura del popolo” e di “fatto identitario di popolo” e riconoscendo – a partire da ciò – i possibili limiti in senso contrario. Il tema ha un immediato riferimento alla cosiddetta “colonizzazione ideologica” dei fatti popolari, come per esempio la esclusiva e riduttiva commercializzazione consumistica della festa popolare:

«Esiste un certo cristianesimo fatto di devozioni, proprio di un modo individuale e sentimentale di vivere la fede, che in realtà non corrisponde ad una autentica pietà popolare» (Evangelii gaudium 70).

5. Evangelii gaudium 47: la liturgia, “casa dalle porte sempre aperte”

Questo numero dell’esortazione colloca la pastorale sacramentale in stato di conversione missionaria, di apertura verso un nuovo modello di sacramento e verso una nuova pratica vivibile di esso : non “dogana di controllo”, ma “porta aperta”.

«Pensiamo oggi a Gesù, che sempre vuole che tutti ci avviciniamo a Lui; pensiamo al santo popolo di Dio, un popolo semplice, che vuole avvicinarsi a Gesù; e pensiamo a tanti cristiani di buona volontà che sbagliano e che invece di aprire una porta la chiudono (…) E chiediamo al Signore che tutti quelli che si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte, aperte per incontrare questo amore di Gesù. Chiediamo questa grazia» [Papa Francesco, Omelia a santa Marta (24 maggio 2013)];

«La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire un mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa. Ma ci sono altre porte che neppure si devono chiudere. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa» (Evangelii gaudium 47).


Testo biblico di riferimento: Lc 15,11-32

Ovvero, centro e periferia: la casa paterna e il valore delle “faticose” storie di vita

Il testo biblico di riferimento è la parabola del padre misericordioso, presente nel Vangelo di Luca. L’idea viene proprio da papa Francesco il quale in Evangelii gaudium 47 afferma che «la chiesa non è una dogana ma è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa». La liturgia è evidentemente la Chiesa nel suo gesto liturgico e celebrativo. Essa è da interpretare alla luce della parabola come “una casa dalle porte sempre aperte”, nella quale c’è posto per ciascuno e dove la pastorale deve saper trovare cammini differenziati (ma sempre accoglienti, sullo stile delle comunità catecumenali) tali da facilitare il ritorno delle faticose storie di vita nel segno del figliol prodigo come anche la possibilità ai cristiani che vi restano dentro di assumere l’atteggiamento missionario, tipico di chi sa (a differenza del fratello maggiore della parabola) di aver avuto la fortuna sin dalla prima ora di potersi sentirsi dire da Dio: «tutto ciò che è mio è tuo».

Sempre alla luce della parabola è interessante verificare la capacità delle nostre comunità di “fare festa”. Si tratta della dimensione “festosa” soprattutto dell’eucaristia domenicale in cui la comunità ha la possibilità di incontrare il Risorto ma anche di vivere esperienze concrete di fraternità. Senza ignorare le difficoltà, la pastorale parrocchiale deve porsi alcuni obiettivi e inventare iniziative nuove per raggiungerli, nel segno di una ritrovata relazione che strappa all’anonimato, che recuperi il valore del tempo gratuito della festa e che permetta così di sentirsi parte viva di una comunità.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI PER L’APPROFONDIMENTO
  • Christian Albini, «La Evangelii gaudium nell’orizzonte teologico del Vaticano II», in Rassegna di Teologia (55/2014) 453-480

Tema: La continuità tra Parola, liturgia e vita: il modo in cui Gesù accompagna i discepoli di Emmaus fino all’aprirsi dei loro occhi è esemplare. In primo luogo, ogni suo insegnamento nasce “dentro la vita”, dove l’azione chiave è il “rimanere”: “Rimani con noi… Entrò per rimanere con loro… Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono i loro occhi e lo riconobbero” (vv. 30-31). A ben guardare, con i discepoli di Emmaus il Risorto instaura la stessa relazione che nella sua vita creava con le persone di ogni tipo che andavano a lui. L’ospitalità è un’attitudine dell’essere di Gesù di Nazaret, una sua postura, il suo modo di stare al mondo e di entrare in relazione. A tale proposito, si può parlare di “santità ospitale” con Christoph Theobald. È dentro questo spazio di accoglienza che Gesù “apre” le Scritture (è il significato letterale del verbo che è tradotto con “spiegare”). Non siamo noi a comprendere, è lui che ci apre gli occhi e il cuore. È significativo che questa conversione sia operata su due discepoli: i cristiani sempre sono in conversione, sempre si devono lasciar evangelizzare. La spiegazione che Gesù offre delle Scritture non è astratta, operata a partire da un’erudizione o un ragionamento; è riferita alla concretezza della sua passione e morte. E sempre a essa rimanda la frazione del pane. La missione dei discepoli viene dopo: è un ritorno a Gerusalemme, al cammino, alla vita, ma con occhi nuovi.

Il cuore che arde: la fiamma è l’effetto dell’incontro con Gesù. È la gioia del Vangelo che spinge la chiesa in uscita. Il cuore duro si scioglie. L’immaginazione si accende (c’è un’interessante riflessione di Timothy Radcliffe su come l’evangelizzazione debba essere un’opera che colpisce l’immaginazione dei nostri contemporanei). In tutta la Bibbia l’incontro tra Dio e l’uomo accende una fiamma: il roveto ardente di Mosè, la colonna di fuoco dell’esodo, il carbone ardente che tocca le labbra di Isaia nella sua vocazione, le fiamme della Pentecoste. Gesù è il figlio d’uomo dagli occhi fiammeggianti (cf Ap 1,14) che è venuto a portare il fuoco sulla terra (cf Lc 12,49).

Tema: All’interno del documento di papa Francesco si trovano stimoli e indicazioni che possono far riflettere soprattutto sul tema dell’omelia, meticolosamente e diffusamente trattata, e della pietà popolare, indicato come luogo teologico da prendere in seria considerazione.

  • F. Magnani – V. D’Adamo (a cura di), Liturgia ed evangelizzazione. La Chiesa evangelizza con la bellezza della liturgia, Soveria Mannelli 2016

Tema: La bellezza che evangelizza nella liturgia non è “cosmetica”, frutto di sofisticati artifici, né una bellezza “estetizzante”, espressione di uno spirito aristocratico che mira a distaccarsi dalla massa, o solo «un fattore decorativo dell’azione liturgica» (Sacramentum caritatis 35), e neppure una bellezza edonistica e spettacolare, che garantisce nell’immediato emozioni a basso prezzo. Nel «nucleo fondamentale» della fede, che si celebra nella liturgia, «ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (Evangelii gaudium 36). Si tratta della bellezza che è possibile sempre “in relazione”. Non è forse questa una declinazione del tema liturgico della partecipazione?

  • E. Bianchi – G. Boselli, Il Vangelo celebrato, Cinisello Balsamo 2017

Tema: Questo volume, coraggioso e provocatorio allo stesso tempo, parte da un dato di fatto: oggi la liturgia è in stato di sofferenza. Dopo l’entusiasmo suscitato dal rinnovamento liturgico conciliare, in questi ultimi anni la liturgia sembra essere lentamente scivolata ai margini degli interessi principali della Chiesa. Il suo ruolo nell’educazione della fede è del tutto irrilevante. In una stagione ecclesiale fortemente caratterizzata dalla volontà di papa Francesco di rinnovare a fondo la Chiesa, si vive un assurdo paradosso: una Chiesa in uscita e una liturgia in ritirata. Ma, notano Enzo Bianchi e Goffredo Boselli, non è possibile pensare a un rinnovamento della Chiesa senza che vi sia al contempo un rinnovamento della vita liturgica. La liturgia è intrinseca alla vita di fede. La Chiesa evangelizza come celebra. Per questo, la vita di fede non può dirsi pienamente cristiana se non è plasmata dalla preghiera della Chiesa. Da qui la necessità di rimettere al centro delle nostre comunità e dell’evangelizzazione la liturgia, perché non c’è cristianesimo senza liturgia e non c’è Chiesa senza liturgia.

GLOSSARIO MINIMO

Colonizzazione ideologica: è espressione usata da papa Francesco: «Questa è la colonizzazione ideologica: entrano in un popolo con un’idea che non ha niente a che fare col popolo; con gruppi del popolo sì, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un’idea che cambia o vuol cambiare una mentalità o una struttura».

Comunità catecumunali: sono le comunità – presenti in maniera più evidente nella Chiesa antica – che differenziano i cammini cristiani secondo il criterio della progressività e della gradualità, articolandosi in piccoli gruppi che tuttavia non perdono il legame con la grande comunità parrocchiale.

Mistagogia: per i Padri della Chiesa non si tratta di spiegare “una dottrina”, bensì di far ricordare, ossia far risuonare, “il rito” in modo che i neofiti possano riviverlo come l’azione liturgica nella quale essi hanno ricevuto la salvezza (è importante che il rito sia celebrato con arte): quella salvezza narrata nel testo biblico (letto durante la mistagogia) che si era attuata nel rito. Oggi, attraverso la riforma liturgica, la mistagogia è stata recuperata e reintrodotta nella vita della Chiesa. Non c’è nessun motivo per cui essa non debba portare gli stessi frutti positivi che portò in epoca patristica. Ma bisogna applicarne correttamente il metodo poiché essa non è una spiegazione qualsiasi della liturgia. Il suo metodo è rigoroso.